Vincent van Gogh. Il pittore “senza tempo” torna a Roma con una grande mostra.

Vincent van Gogh, La semina delle patate, 1884

Se parliamo di Girasoli ci vengono in mente quasi sicuramente quelli di Van Gogh. E’ il suo marchio di fabbrica, segno di riconoscimento di uno dei più grandi artisti contemporanei. Dopo ben 22 anni l’artista torna ospite nella capitale, dall’8 ottobre al 6 febbraio, nella cornice del Complesso del Vittoriano con la mostra “Vincent van Gogh. Campagna senza tempo – Città moderna”. La cura della mostra è stata affidata a Cornelia Homburg, studiosa nota a livello internazionale per le sue ricerche su Vincent van Gogh e ad un prestigioso comitato scientifico composto da Sjraar van Heugten e Chris Stolwijk del Van Gogh Museum, Jenny Reynaerts, Rijksmuseum, Judy Sund della City University New York, Tsukasa Kodera dell’Osaka University, Joan Greer dell’University of Alberta, Cornelia Peres, conservatrice, Liesbeth Heenk, storica dell’arte. Saranno esposti oltre settanta capolavori tra dipinti, acquarelli e opere su carta del maestro olandese e circa quaranta opere dei grandi artisti che gli furono di ispirazione, tra i quali Millet, Pissarro, Cézanne, Gauguin e Seurat.

Vincent van Gogh, Autoritratto, 1887

L’esposizione ha quindi tutte le carte in regola per divenire per la città di Roma un evento di grande rilievo. Sono infatti poche le grandi mostre a livello internazionale e questa è sicuramente da non perdere soprattutto per le nuove generazioni. I bambini ed i ragazzi potrenno assaporare “dal vero” questo artista tanto amato e studiato sui libri di scuola. Conosceranno così anche il lato più umano di van Gogh, lo stesso artista che scrisse al fratello Theo: “Voglio che tu capisca bene la mia concezione dell’arte. Bisogna lavorare a lungo e duramente per afferrarne l’essenza. Quello a cui miro è maledettamente difficile, eppure non penso di mirare troppo in alto. Voglio fare dei disegni che vadano al cuore della gente”. La tecnica, il sapere, era per lui un mezzo per arrivare a comunicare.

Vincent van Gogh, Vialetto nel giardino pubblico, 1888

E’ questo che fanno i grandi artisti. Uomo tormentato e dalla sorprendente memoria visiva, capace di rappresentare la natura e la vita dei contadini con pennellate vibranti, cariche di significato. Come anche nella rappresentazione della campagna olandese e francese de La semina delle patate (1884). I così detti “tempi moderni” sono invece descritti attraverso dei “fermo immagine” che rappresentano la città, Parigi, ed i suoi personaggi. I soggetti sono spesso le stradine dei sobborghi come in Orti a Montmatre (1887) o Il ponte di Langlois (1888). Ma ci sono anche dei veri personaggi come I bevitori (1890) o il Giovane con una scopa (1882).

Vincent van Gogh, I bevitori o Le quattro età dell’uomo (da Daumier), 1890

La mostra infatti porta in scena la rappresentazione della campagna, come oasi idilliaca, e della città, in perenne movimento dove “chi si ferma è perduto”. Van Gogh era convinto che i suoi dipinti dovessero essere moderni, ma anche eterni. Il suo stile così ha segnato un’epoca. Talmente moderno e teso ad assorbire vari influenze culturali che persino il richiamo all’arte giapponese da lui amata, e presente nella Parigi di fine ‘800, è evidente in opere come Fosso (1884).

Vincent van Gogh, Fosso, 1884

L’uso del colore, la sapienza del disegno, la carica emotiva, rendono le sue opere dense di originalità. In mostra possiamo ammirare anche due suoi Autoritratti provenienti dal Van Gogh Museum. Da sottolineare che l’esposizione vanta la collaborazione ed il supporto delle più grandi istituzioni museali del mondo, insieme ad importantissime collezioni private. Tra esse spiccano: Van Gogh Museum, Kröller-Müller Museum, Rijksmuseum, The Art Institute of Chicago, The Solomon R. Guggenheim Museum, The Museum of Modern Art, Hammer Museum, The Detroit Institute of Arts, National Gallery of Canada, Tate, Musée du Louvre. L’artista che ha saputo trasformare il dramma interiore in vera e pura arte e nel quale convivono diverse realtà (l’amore per la gente, il bisogno espressivo, il tormento della malattia) merita sicuramente una visita. E sarà lì, ad aspettarvi.

Vincent van Gogh, Orti a Montmartre, 1887




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