Sante Peccatrici: in mostra tatuaggi tra il sacro e il profano

Valentina Franzetti, Santa Dorotea

Cinicamente indipendenti ovvero la donna contemporanea. Così, come se fosse uno di quegli ideogrammi cinesi composto da due termini distinti. Indipendenti perchè appunto indipendenti in tutto: dal pensiero maschile al pensiero creativo.

Vittoria Dominici, Santa Emerenziana

E tutto ciò cinicamente perchè come i veri cinici, coloro che ad Atene erano seguaci della scuola filosofica di Antistene, professano una vita randagia e autonoma, indifferente ai bisogni e fedele al rigore morale. In poche parole sono delle Sante Peccatrici, titolo non a caso della mostra che, dopo essere stata presentata alla Milano Fashion Week a febbraio, sarà presente dal 26 marzo al 14 aprile alla galleria Mondo Bizzarro di Roma. Arrivando al nucleo del discorso: chi sono queste sante cinicamente indipendenti? Ce lo spiegano ben 31 opere pittoriche realizzate da altrettante tautatrici italiane che operano con successo sia in Italia che all’estero. Il soggetto o meglio, i soggetti, sono sante cattoliche dalle storie e vicende particolari. Il tema delle sante è principalmente ricondotto al tema della donna che con passione, o per passione, decide di perseguire un obbiettivo fino alla fine.

Claudia De Rossi, Santa Adelaide

E se è vero come affermava Oscar Wilde date alle donne occasioni adeguate ed esse possono far tutto, le tautatrici in mostra come Valentina de Rosa, Valentina Franzetti e Sofia Mesisca perseguono questo intento, questa professione, idealmente solamente ristretta al genere maschile anche se in vero non è mai stato così. Non agiscono più in sordina, anzi, si fanno ben sentire, attraverso il progetto, nato da un’idea di Viola Von Hell, con cui rielaborano attraverso la propria visione la figura femminile. Si mettono in luce tecniche differenti, linguaggi variegati, come si ritrovano nel loro lavoro di tautatrici. Dalle opere a grafite fino all’acrilico, gessetti, acquerelli e olio, su supporti di legno, carta, tela e così via. Tutte donne che prima di essere sante hanno essenzialmente infranto tabù.

Angela Smisek, Santa Valentina

Sul tema del tatuaggio ci aiuta Luisa Gnecchi Ruscone, antropologa esperta di tatuaggi e donna tatuata, che firma il catalogo edito da Luca Mamone, Perché le donne molto tatuate suscitano emozioni negative così violente? Penso che sia perché esse infrangono tabù ancora molto radicati nella cultura borghese: la donna moderna è sì libera di intervenire sul suo corpo e sul suo aspetto, modificandolo anche pesantemente, purché lo faccia per piacere all’uomo; quando invece essa decide di farlo per se stessa, autonomamente e liberamente, diventa inquietante e ‘pericolosa’. [..] L’autonomia si paga con l’emarginazione sociale: c’è chi pensa che ne valga la pena. Oggi (per le donne) tatuarsi è ancora un modo per manifestare indipendenza, autonomia e la volontà di essere padrone del proprio corpo. [..] Un gesto simbolico, un segno della loro capacità di riprendere in mano la propria vita.

Valentina Franzetti, Santa Dorotea

Ecco così che troviamo una Santa Adelaide, reggente del Sacro Romano Impero e del Regno di Francia Ebbe un grande interesse per la riforma cluniacense, che sostenne con forza. Dipinta da Claudia De Rossi della Jolie Rouge di Londra oggi acquista uno stampo neo gotico-dark. Come anche l’immagine di Santa Dorotea proposta da Valentina Franzetti: le rose, elemento iconografico della santa che quando il preside Sapricio le chiese di fare un sacrificio agli dei, si rifiutò e venne torturata e poi decapitata. Di tutt’altro genere la Santa Emerenziana di Vittoria Dominici. Incastonata in una grafica quasi art decò fa emergere i segni caratteristici della figura della santa: i gigli e le pietre del martirio.

Anita Rossi, Santa Caterina

L’iconografia è un elemento essenziale per ogni raffigurazione in mostra. Come la Santa Apollonia di Viola Von Hell: figura neo gotica che porta con sè i segni del martirio con chiari richiami al famoso dipinto di Francisco de Zurbarán. Dai toni pop l’opera raffigurante la Sant’Anna di Cecilia Granata dove il corpo della donna è uno scheletro che ci fa quasi da memento mori. Essenziale e grafica è invece di contrappunto la Santa Caterina di Anita Rossi. Qui l bianco prevale sul tutto sfumato solo dal segno grafico nero del volto e dal rosso chiaro dei fiori, in teoria gigli, simbolo della santa. A noi non resta che, per una volta, mischiare saggiamente il sacro con il profano.





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