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Le conigliette salvano “Hollywood”

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A 84 restauratissimi anni, Hugh Hefner si conferma uomo fedele a se stesso. Il leggendario fondatore di Playboy non ha mai rinunciato a sfoggiare vestaglie di seta fucsia e amaranto, né a farsi fotografare in compagnia di stupende conigliette che sembrano nate da un laboratorio per cloni: tutte bionde, sorridenti, pettorute, alte di coscia e simbolo di una salute e di un benessere che con la seducente morbosità del sesso hanno poco a che fare.

Oggi però Hefner compie un gesto che forse gli varrà l’essere ricordato con gratitudine dall’intera “fabbrica dei sogni” dell’industria cinematografica. Stacca un assegno di 900.000 dollari e munifica la città di Los Angeles salvando il suo simbolo più noto: la scritta “Hollywood” che campeggia sulle colline che sovrastano LA, messa in pericolo da una possibile proliferazione edilizia che ne avrebbe snaturata l’immagine. Il vecchio Hefner, insomma, è alla fine il più romantico e sentimentale esponente dello show business, e con la sua donazione preserva la stessa identità di un mondo, Hollywood, che si riconosce nella propria icona. Già Tom Hanks e Steven Spielberg avevano offerto il loro contributo e richiamato l’attenzione sul pericolo di vedere la celebre scritta deturpata; ma è Hefner ad avere risolto il problema una volta per tutte. “E’ un finale degno di Hollywood” ha commentato Arnold Schwarzenegger, governatore della California.

Sembra una gran festa in famiglia, e Hefner riafferma una volta di più il ruolo patriarcale del quale si è sempre compiaciuto. Già nel 1978 era sceso in campo per resturare la scritta “Hollywood” versando 27.000 dollari e “comprando” la lettera “Y”, che non a caso è la più sexy dell’alfabeto. In quei giorni i terreni limitrofi erano di proprietà della fondazione Howard Hughes (il milionario e playboy interpretato da Leonardo Di Caprio nel film “The Aviator”). Sono stati ceduti nel 2002, e allora sono cominciati i rischi: grazie alla posizione dominante sarebbero il luogo ideale per erigere palazzi e viste di lusso.

Il patron di Playboy Enterprises, Inc., società con 800 dipendenti e un fatturato di oltre 300 milioni di dollari, si gode dunque il successo ed è pronto a entrare nella Storia. Toccherà ai suoi eredi (ma la figlia Christie ha lasciato l’impresa l’anno scorso) riaffermare il prestigio della storica testata fondata nel 1953.

Hefner riuscì a creare un giardino di bellezza che non solo presentava ogni mese le più belle ragazze d’America, senza veli e senza atteggiamenti volgari, ma raccoglieva le firme più prestigiose, da Truman Capote a Gore Vidal, in modo da fondere la gioia del sesso (per Playboy il sesso è sempre stato solo gioia: e infatti il picco del suo primato si è toccato negli anni Settanta, l’epoca più libera e priva di pensieri) con la raffinatezza dell’intellettualità. Oggi Playboy ha accettato la sfida del web, ma si misura con concorrenti agguerritissimi  come i siti stile Met-Art che attingono alla riserva inesauribile di diciottenni russe, ucraine, ungheresi, che hanno creato un tipo di bellezza e di richiamo sessuale molto diverso dall’immagine “prosperosa” delle americane di Hollywood.




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