Berlino: doppia personale per Brassai, “l’occhio di Parigi”.

 

Brassaï, Graffiti (série II), 1940, @Brassai

1935: Brassai, all’anagrafe Gyula Halász, fotografo ungherese, nato nella regione della Transilvania, scattava nella Parigi culla dell’avanguardia surrealista l’immagine di un “enfant” che scarabocchiava su un muro come fosse il suo personale taccuino d’appunti.

Henri Brassaï - Enfant gravant un graffiti, 1935, @Brassai

“Enfant gravant un graffiti” è una delle fotografie del complesso lavoro di documentazione intitolato “Graffiti”, successivo alla pubblicazione nel 1933 del suo primo libro di fotografie, “Paris de nuit”, che riscosse un grande successo, soprattutto nell’ambiente artistico tanto che Henry Miller, suo amico, lo soprannominò “l’occhio di Parigi” per la sua capacità di cogliere l’inaspettato, il nascosto, il talvolta inquietante e per questo forse più vero ed essenziale volto di Parigi. Brassai pseudonimo che significa “di Braşov”, Brasso, in ungherese, che nel 1978, vinse il Premio internazionale di fotografia a Parigi, è il soggetto di una duplice mostra che sarà presente dal 27 maggio al 28 agosto a Berlino nel museo di Berggruen e nella collezione Scharf-Gerstenberg dal titolo “Brassai Brassai – im atelier und auf der strasse”.

Brassai, Graffito dalla Serie "Masken und Gesichter" (1935–1956) © RMN / Adam Rzepka

Siamo nel quartiere di Charlottenburg, proprio vicino al noto castello, zona della Berlino Ovest, luogo di nascita del filosofo Walter Benjamin, teorizzatore, guarda caso, della “rottura dell’aurea”dell’opera d’arte ad opera della fotografia. Quest’ultima ad opera di Brassai diventa catalizzatore della nuova immagine del reale: non mera riproduzione del già visto e del “è stato”, per dirla alla Roland Barthes, bensì uno sguardo attento a ciò che persiste “oltre lo specchio” della realtà. Così all’interno della collezione Scharf-Gerstenberg che spazia dal Romanticismo al Surrealismo, saranno presenti le opere del fotografo che descrivono la Parigi sotterranea, dove i graffiti, che in origine erano segni scavati nella roccia, si “modernizzano” diventando segni scavati nelle mura cittadine, ma che adesso come allora hanno una valenza quasi magico-simbolica.

Brassai, Picasso, 1937, Atelier Rue des Grands Augustins, Paris, 1939 © Estate Brassaï

Volti sorridenti, animali stilizzati, incisioni quasi rupestri. Come le opere di Jean Dubuffet, questo è il segno che Brassai vuole immortalare perchè per lui “la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare”. Quasi di fronte alla collezione Scharf-Gerstenberg c’è il museo Berggruen, ex caserma per gli ufficiali della guardia reale . Qui dalla strada ci spostiamo all’atelier di Brassai: particolari sono le fotografie scattate dal fotografo ai suoi amici artisti come Pablo Picasso, Henri Matisse, Henri Laurens, Alberto Giacometti e Georges Braque. Dall’arrondissement di Montparnasse degli anni Trenta fino al 1956 quando il suo film “Tant qu’il y aura des bêtes” vinse il Grand Prix Speciale della Giuria come film più originale al Festival di Cannes, Brassai ci aiuta a “Riprendere Parigi” qui, a Berlino.

 

Brassai, Georges Braque in Varengeville (Normandie), 1949 © RMN / Jean-Gilles Berizzi




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